Alessandro Borghese accusato del peggio: “È uno schiavista, non paga” la reazione dello chef non si fa attendere

Alessandro Borghese non le manda certo a dire, accusato di un grave reato si difende pubblicamente: la reazione dello chef è immediata.
Una nuova bufera sta agitando il mondo della cucina italiana ed al centro c’è lui: Alessandro Borghese, lo chef più popolare della televisione. Dopo anni di successi, programmi cult e battute iconiche, il cuoco romano è finito nel mirino di una polemica sorprendente. Tutto è iniziato da alcune parole riportate dal Corriere della Sera che lo ha definito, secondo quanto riportato proprio dallo chef e con toni tutt’altro che leggeri, ‘uno schiavista’ ed un ‘pazzo scatenato’, accusandolo in pratica di sfruttare il personale nei suoi ristoranti.
Una situazione che ha lasciato molti a bocca aperta, considerando la sua immagine sempre sorridente e positiva. Ma dietro quella facciata televisiva, secondo i critici, si nasconderebbe un modo ‘troppo rigido’ di intendere il lavoro in cucina. In realtà, le parole di Borghese, pronunciate durante una recente intervista nel podcast BSMT di Gianluca Gazzoli, raccontano ben altro.
Alessandro Borghese accusato, si difende pubblicamente: il messaggio arriva chiaro e forte
Quando le sue dichiarazioni sono diventate virali, Borghese non è rimasto in silenzio: anzi, ha deciso di difendersi pubblicamente con la schiettezza che lo contraddistingue. In un mondo dove spesso le polemiche sono alimentate più dai titoli che dai fatti, lo chef ha voluto rimettere le cose al loro posto illustrando una visione di chi crede ancora nella gavetta, nel merito e nella formazione sul campo.
Un pensiero forse controcorrente oggi, ma che nasce da un profondo rispetto per la professione e per chi la vive davvero. Nell’intervista, Borghese ha voluto rispondere punto per punto, senza filtri: “Il Corriere della Sera mi ha detto che sono uno schiavista, un pazzo scatenato. In azienda da me sono tutti assunti regolarmente, con tredicesima, quattordicesima e welfare. Nessuno lavora gratis”.
Borghese ha poi spiegato che gli stagisti nelle sue cucine sono retribuiti, ma che il loro compito principale resta quello di imparare davvero un mestiere. “Ai miei tempi si andava a imparare un lavoro. Oggi questa cosa viene vista come una follia. Ma come faccio ad assumerti se non sai fare niente?” ha replicato lo chef.
Le sue parole possono sembrare dure, ma fotografano una realtà che molti nel settore riconoscono: la cucina è disciplina, sacrificio e crescita, non solo successo e applausi. Dietro la sua concezione non c’è arroganza, ma un messaggio chiaro: il rispetto del lavoro sia da parte di chi lo offre, che di chi lo inizia. In un’epoca in cui ottenere ‘tutto e subito’ è la regola, il suo richiamo alla vera formazione suona quasi rivoluzionario. Borghese non difende lo sfruttamento, ma il valore dell’esperienza ovvero quel tempo investito sul campo per diventare bravi davvero ed acquisire competenze e che spesso viene visto come una banalità. Il pubblico si divide tra chi lo difende e chi non condivide il suo pensiero: tu da che parte stai?
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